I Disturbi dell'alimentazione: l'alimentazione è fonte di vita o causa di sofferenza e morte? - Nicoletta Dezi
I Disturbi dell’alimentazione: l’alimentazione è fonte di vita o causa di sofferenza e morte?

I disturbi del comportamento alimentare, nello specifico della nutrizione e dell’alimentazione rientrano in quella sfera di problematiche psicopatologiche che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento del cibo e che provocano una significativa compromissione della salute fisica e del funzionamento sociale.

Tali disturbi sono patologie vere e proprie contraddistinte da un’alterazione delle abitudini alimentari, intesa come un’importante riduzione del cibo consumato o al contrario da un’eccessiva alimentazione e da una sproporzionata preoccupazione per il peso corporeo insieme ad un’elevata attenzione per la forma. Una caratteristica solitamente presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione della propria immagine corporea che può giungere a configurarsi in un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto, ovvero il modo in cui mentalmente raffigura il suo corpo e le sue forme, sembra influenzare negativamente e condizionare pesantemente la propria vita.

I principali disturbi della nutrizione e dell’ alimentazione, che ho ritenuto opportuno trattare in questa sede e nei prossimi appuntamenti sono l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata – o Binge Eating Disorder, BED, caratterizzato dalla presenza di crisi bulimiche senza il ricorso a comportamenti di compenso e/o di eliminazione per il controllo del peso.

Questi, sono veri e propri disturbi che riguardano l’anima, il corpo è l’aspetto più visibile. Sono problematiche collegate ad un disagio profondo, ad una difficoltà a trovare un’armonia interiore mente/corpo e si caratterizzano per un grande deficit nell’autostima.

I comportamenti tipici di una persona che è affetta da un disturbo dell’alimentazione sono: il digiuno, la restrizione dell’alimentazione, le crisi bulimiche – ingestione di una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo, ovvero non riuscire a controllare cosa e quanto si mangia – il vomito autoindotto, l’assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare l’aumento ponderale ed un’intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso.

E’ importante chiarire che per essere posta una diagnosi di disturbo della nutrizione o dell’alimentazione debbono essere rispettati alcuni precisi criteri diagnostici così come indicato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM5 (American Psychiatric Association, 2014). Tali criteri andremo insieme di volta in volta ad esaminarli per ognuno dei disturbi sopraindicati. Per ora volgiamo lo sguardo ad una psicopatologia tanto dilagante, principalmente nelle culture occidentali, quanto pericolosa e invalidante, l’Anoressia Nervosa.

ANORESSIA NERVOSA – CARATTERISTICHE

Secondo il DSM5 perché si possa fare una diagnosi di Anoressia Nervosa, debbono essere presenti tre caratteristiche essenziali: una persistente restrizione nell’assunzione di calorie, un’intensa paura di aumentare peso o di diventare grassi, o ancora un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, infine la presenza di una significativa alterazione della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo.

Dunque, gli individui con questo disturbo mostrano tipicamente un’intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, tale paura solitamente non è alleviata dalla perdita di peso, pertanto la preoccupazione per l’aumento dello stesso può crescere anche se questo diminuisce. Tali soggetti possono non riconoscere o non accettare la paura dell’aumento di peso.

L’anoressia coincide principalmente con il rifiuto di mantenere un peso corporeo al di sopra della soglia minima rispetto ad età e altezza. Nello specifico, l’individuo mantiene tale peso al di sotto di quello minimo normale per età, sesso, percorso di sviluppo e salute fisica. L’indice di massa corporea – IMC calcolato come peso in chilogrammi/altezza in metri – è un utile parametro per valutare il peso del corpo in relazione all’altezza. Un IMC di 18,5 kg/m2 è stato utilizzato, per gli adulti, dal Center for Disease Control and Prevention (CDC) e dall Organizzazione Mondale della Sanità (OMS) come limite inferiore del peso corporeo normale.

In queste persone, la percezione e il significato attribuiti al peso e alla forma del corpo sono distorti; alcuni individui si sentono globalmente in sovrappeso, altri ammettono di essere magri, tuttavia sono ancora convinti che alcune parti del corpo, solitamente l’addome, i glutei e le cosce siano “troppo grasse”. Diverse sono le modalità comportamentali che fanno seguito a tali percezioni, quali la messa in atto delle più disparate tecniche per valutare dimensioni e peso corporei, compreso il pesarsi di continuo, il misurare ossessivamente parti del corpo e l’uso persistente dello specchio per controllare le zone corporee percepite come “grasse”.

SVILUPPO E DECORSO

Tale disturbo colpisce ogni classe sociale, tuttavia si sono riscontrati numerosi casi in cui la persona anoressica fa parte di famiglie che hanno una forte spinta al successo, che curano molto le apparenze esterne, le quali rivolgono richieste incessanti di perfezione a cui tali giovani rispondono invece con sentimenti di debolezza e inadeguatezza.

Tale disturbo si manifesta con una forte prevalenza nel sesso femminile, è molto meno frequente in quello maschile, con una popolazione clinica che, in genere, riflette approssimativamente un rapporto femmina – maschio di 10:1.

Insorge generalmente durante l’adolescenza o la prima età adulta, raramente inizia prima della pubertà o dopo i 40 anni, tuttavia in letteratura sono stati descritti alcuni casi di esordio sia precoce che tardivo. L’inizio di questo disturbo può essere associato ad un evento stressante, il decorso e la remissione sono estremamente variabili.

Alcune persone superano completamente questa forma di disagio psichico dopo un singolo episodio con qualche manifestazione di andamento fluttuante dell’aumento di peso seguito da recidiva, altre ancora sono destinate a un decorso cronico nel corso degli anni. La maggior parte degli individui va incontro alla remissione entro cinque anni dalla manifestazione.

ASPETTI CULTURALI E SOCIOLOGICI

In generale, i disturbi alimentari esprimono ampiamente i conflitti alla base di una particolare cultura e società. Sono qualcosa di molto più profondo, più legato alla società, possono essere considerati come una ribellione primitiva di anime costrette in una società che omologa ed emargina. Molti autori, infatti, sottolineano il ruolo dei fattori culturali tipici delle società industrializzate, con particolare riferimento a:

  • Mutamento del ruolo femminile;
  • Preoccupazione per l’aspetto e l’immagine del corpo (magrezza);
  • Stigmatizzazione culturale dell’obesità e in generale del sovrappeso.

L’anoressia origina e viene mantenuta all’interno di una determinata cultura, questi individui, solitamente donne, si esprimono secondo il linguaggio contemporaneo caratterizzato dalla mania per le diete, per la magrezza, per il controllo alimentare, per l’intolleranza nei confronti del sovrappeso, elementi distintivi delle società industriali occidentali. Di conseguenza:

  • la preoccupazione per il cibo è usata come difesa per sfuggire ad un disagio interiore, profondo che riguarda di solito problemi d’identità, dando così l’impressione di avere un maggiore controllo su di sé;
  • è un disturbo che permette di sentirsi unici, seppur malati, tuttavia conformi ai valori societari.

E’, dunque, una problematica sociale oltreché individuale: molte persone sono a conoscenza di tali malattie e delle conseguenze, a volte gravissime, che ne conseguono, tuttavia arrivano anche a imitarne i sintomi. E’ importante evidenziare che alla base dei disturbi alimentari si trovano, sovente, comportamenti di imitazione. Quando un modello di comportamento – la magrezza – riceve un rinforzo positivo, diventa difficile modificarlo; per ciò che riguarda l’aspetto dell’imitazione, sono noti casi famosi di anoressia, personaggi celebri in tv, nelle pubblicità o che hanno raccontato la storia del loro disturbo, tali personaggi possono essere percepiti e visti con ammirazione come modelli da imitare. Le anoressiche finiscono per identificarsi all’eccesso con la malattia, al punto da diventare una parte della loro identità.

ANORESSIA E AUTOSTIMA

Nelle persone con anoressia nervosa i livelli di autostima sono altamente influenzati dalla percezione della forma e del peso del corpo. In merito al fenomeno di imitazione appena descritto, l’autostima paradossalmente può esser aumentata dall’identificazione con un disturbo conosciuto che ha caratterizzato la vita di personaggi famosi, in questo, un ruolo importante possono avere i mass – media nel veicolare messaggi disfunzionali.

Come è già stato accennato l’esordio anoressico avviene per lo più al limitare dell’adolescenza, quando la ragazza deve uscire dalla cerchia familiare per entrare in un mondo sociale fatto di giovani adulti in cui, per la prima volta, è necessario conquistare l’attenzione e la considerazione altrui.

Le fasce più giovani di età sono particolarmente vulnerabili alle immagini mediatiche oggettivizzanti. In particolare, gli adolescenti sono impegnati in un delicato processo di costruzione della propria identità di genere, in cui il corpo gioca un ruolo importante. La percezione del proprio corpo è strettamente legata all’autostima. Sono infatti proprio le ragazze con una bassa autostima ad essere più colpite dal fenomeno dell’oggettivazione (Tolman et al., 2006). Per spiegare l’influenza che le immagini mediatiche hanno sull’immagine corporea ricorriamo alla teoria dell’Oggettivazione (Fredrickson e Roberts, 1997): vi è oggettivazione quando un individuo viene pensato come oggetto e dunque viene deumanizzato, divenendo merce e strumento.

Per i soggetti anoressici, il digiuno forzato determina un notevole aumento del senso di autocontrollo e quindi il livello di autostima. Essere più magri significa piacere di più perché “così vuole la società”, inoltre, se si riesce a non mangiare si dimostra che si è padroni del proprio corpo – si pensa anche dei propri sentimenti – ed, ancora, il rifiuto del cibo implica che tutta la famiglia si preoccupa della persona e ciò comporta un considerevole aumento di attenzioni nei confronti della stessa.

SINTOMATOLOGIA

Il sintomo chiaramente più visibile di questi individui, solitamente donne, è l’estrema magrezza. Caratteristiche di questo disturbo sono le manifestazioni comportamentali messe in atto dalle persone che ne sono affette, ovvero, il vomito autoindotto e uso improprio di lassativi, diuretici ed enteroclismi.

Alcuni soggetti possono mostrare evidenti manifestazioni ossessivo – compulsive, la maggior parte presenta polarizzazione ideativa sul cibo, alcuni collezionano ricette o ammassano cibarie, altri mediante la pulizia o rituali di lavaggio. Lo studio dei comportamenti associati ad altre forme di digiuno suggerisce come ossessioni e compulsioni correlate al cibo possano essere esacerbate dalla denutrizione.

Altri elementi distintivi, talora associati all’anoressia nervosa, comprendono la preoccupazione di mangiare in pubblico, sentimenti di inadeguatezza, un forte desiderio di tenere sotto controllo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ridotta spontaneità sociale ed espressività emotiva eccessivamente repressa. Sempre sotto il profilo psicologico si annoverano: un confronto continuo e compulsivo con le altre persone, un forte bisogno di controllo, sentimenti di colpa quando si mangia qualcosa di gustoso e buono, paura dei propri bisogni, odio per se stesse/i, avarizia, a volte anche comportamenti autolesivi.

La perdita del peso viene spesso considerata come una conquista ragguardevole e un segno di straordinaria autodisciplina, mentre l’aumento di peso viene percepito come un’inaccettabile mancanza di autocontrollo. Nonostante alcuni individui con questo disturbo possano accettare di essere magri, sovente, non riconoscono le gravi implicazioni mediche del proprio stato di malnutrizione e raramente appaiono preoccupati per il dimagrimento in sé. Caratteristica di questa psicopatologia è la mancanza di consapevolezza da parte della persona del problema o la totale negazione dello stesso.

DISTURBO E COMPROMISSIONE DELLA QUALITA’ DI VITA

La compromissione nutrizionale peculiare di questo disordine psicopatologico influenza la maggior parte dei principali sistemi organici e può causare una varietà di disturbi e nei casi più gravi la morte, che purtroppo non è così infrequente. Sono comuni i disturbi fisiologici, compresi amenorrea e anomalie dei parametri vitali.

Mentre la maggior parte dei disturbi fisiologici associati alla malnutrizione è reversibile con la riabilitazione nutrizionale, alcuni, compresa la perdita di densità minerale ossea, sono spesso non completamente reversibili. Pertanto, se l’anoressia continua per alcuni anni, i cambiamenti ormonali possono facilitare ed esacerbare l’osteoporosi – riduzione della densità ossea.

Comportamenti come vomito autoindotto e uso improprio di lassativi, diuretici ed enteroclismi possono causare un certo numero di disturbi che determinano, a volte, conseguenze anche molto gravi, quando tali persone sono gravemente sottopeso presentano segni e sintomi depressivi, come umore depresso, irritabilità, insonnia, diminuito interesse sessuale e ritiro sociale. Quest’ultimo aspetto è, altresì, sollecitato dal fatto che la persona sarà portata ad evitare contesti sociali dove si vedrà costretta a mangiare in presenza di altre persone, quali ad esempio frequentare ristoranti, declinare inviti a cene, compleanni, ecc.

 TRATTAMENTO

Così come è già stato detto, questi sono disturbi che coinvolgono l’anima, il corpo è un mezzo attraverso il quale l’anima può affermare e gridare una profonda sofferenza, la quale evidenzia una forte difficoltà a trovare un’armonia interiore mente/corpo. Certamente va curato il corpo, senza quest’ultimo l’animo muore, una cura finalizzata al corpo può essere efficace in pochi mesi, diverso è per la mente. La mente e l’anima vanno nutrite pazientemente, con amore e un lavoro del genere può implicare anche alcuni anni.

Il trattamento di elezione per l’anoressia nervosa e questi tipi di disturbi è di tipo integrato – psicologico e psicoterapeutico, nutrizionale e familiare. In particolare sono tre le terapie che devono essere effettuate contemporaneamente: il trattamento psicologico individuale, le terapie della famiglia e il trattamento nutrizionale.

In alcuni casi sono impiegate le terapie psicofarmacologiche, soprattutto nella fase iniziale – per alleggerire la persona dal peso della sintomatologia depressiva che può emergere e quella ossessiva – tuttavia, si è vista la loro efficacia solo se accompagnate da un trattamento psicoterapeutico. E’ opportuno chiarire che il trattamento farmacologico è generalmente sconsigliato a causa della giovane età dei pazienti. La ricerca clinica ha, dunque, ampiamente dimostrato l’efficacia della psicoterapia nel produrre miglioramenti significativi del funzionamento psicosociale e della qualità della vita dei pazienti affetti da anoressia nervosa.

La rigidità cognitiva, il bisogno di controllo e la lotta per la perfezione, caratteristiche tipiche di persone affette da questa psicopatologia, potrebbero facilitare comportamenti peculiari, come il digiuno o le singolari regole dietetiche e, così, rappresentare fattori di mantenimento del disturbo.

E’ stato più volte dimostrato che un aumento dei livelli di perfezionismo e inflessibilità cognitiva hanno un effetto negativo sull’esito del trattamento dell’anoressia nervosa. Una forma particolare di evitamento, definito esperienziale, che descrive una persona non disposta a rimanere in contatto con alcuni tipi di esperienze – per esempio sensazioni corporee, emozioni, pensieri, ricordi, predisposizioni comportamentali – che prende provvedimenti per modificare la forma o la frequenza di questi eventi e il contesto in cui si possono verificare, è da alcuni considerato un aspetto centrale della psicopatologia del disturbo e un meccanismo da affrontare durante il trattamento.

L’evidenza scientifica (Wollburg et al., 2013) supporta l’idea che l’aumento della flessibilità psicologica e la riduzione dell’evitamento esperienziale siano associati all’aumento del benessere e la riduzione della psicopatologia specifica del disturbo e dei comportamenti inerenti l’alimentazione. Alcuni studi e teorie supportano l’ipotesi che la motivazione interna sia uno dei principali meccanismi di cambiamento a breve e a lungo termine dei pazienti affetti da anoressia nervosa.

 I pazienti che sono motivati a cambiare potrebbero essere più propensi a modificare o abbandonare le convinzioni o le cognizioni che mantengono la loro psicopatologia. Tuttavia, la relazione tra cambiamenti motivazionali e modificazione dei processi cognitivi, non è stata esaminata sistematicamente. L’evidenza suggerisce che i processi cognitivi e comportamentali specifici, sono direttamente legati al successo nel trattamento dell’anoressia nervosa, anche se sono raramente contestualizzati in termini di esperienze motivazionali e affettive che li precedono o li seguono.

Un ruolo particolare nel trattamento terapeutico è considerare, altresì, la sintomatologia ansiosa, si è già fatto riferimento a quella ossessiva, poiché si ipotizza che l’ansia possa determinare quanto i pazienti siano in grado di tollerare il rischio al cambiamento. A supporto di questa ipotesi, alcuni autori hanno evidenziato un più lento aumento di peso in pazienti che manifestano una psicopatologia più grave e maggiori livelli di ansia. Pertanto, in tale contesto dovrebbe essere considerato anche il ruolo dell’ansia come moderatore del successo nel trattamento dell’anoressia nervosa. Infine, parte del trattamento terapeutico deve essere volto a sviluppare o aumentare i livelli di autostima e autoefficacia personale nella paziente.

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnistico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM – 5). Raffaello Cortina Editore.

Fredrickson,B. L., & Roberts, T. (1997). Objectification theory: toward understanding women’s lived experiences and mental health risks. Psychology of Women Quaterly 21, 173 – 206.

Tolman, D.L., Impett, E.A., Tracy, A.J., & Michael, A. (2006). Looking good,sounding good: femininity ideology and adolescent girls’mental health. Psychology of Women Quaterly 30, 85 – 95.

Wollburg Eileen, Meyer Bjorn, Osen Bernhard, and Lowe Bernd (2013). Psychological Change Mechanisms in Anorexia Nervosa Treatments: How Much Do We Know? Journal of Clinical Psychology, Vol. 69(7), 762–773.

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