Disturbo da stress post – traumatico - Nicoletta Dezi
Disturbo da stress post – traumatico

La sintomatologia ansiosa è caratteristica di molte delle condotte psicopatologiche; sebbene nell’attuale revisione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM5 (American Psychiatric Association, 2014) il disturbo da stress post – traumatico sia stato trattato in una sezione a sé stante, ovvero nei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, nella precedente edizione, DSM IV – TR, la succitata psicopatologia era inserita all’interno dei disturbi d’ansia. Per tale motivo ho pensato di descrivere in questa sede una sofferenza psichica, purtroppo così diffusa, che gli individui si trovano a sperimentare in seguito ad esperienze violente e traumatizzanti.

Il DPTS è stato inserito ufficialmente nel manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association (DSM) nel 1980, sebbene già nella letteratura degli ultimi anni dell’Ottocento e del Novecento Freud, Kraepelin e Janet lo descrissero con dizioni differenti (es., nevrosi da guerra, cuore del soldato, shock post-traumatico) per indicare una patologia che insorge acutamente in conseguenza dell’esposizione ad eventi stressanti di gravità estrema che mettono a repentaglio la propria o altrui incolumità. 

CARATTERISTICHE 

La caretteristica essenziale di questo disturbo è lo sviluppo di sintomi tipici che seguono l’esposizione a uno o più eventi traumatici protratti nel tempo. 

Gli eventi traumatici esperiti includono esposizioni a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in uno o in alcuni dei modi di seguito elencati:

Fare esperienza diretta dell’evento traumatico

Assistere direttamente ad eventi traumatici accaduti ad altri

Venire a conoscenza di un evento traumatico violento o accidentale accaduto ad un membro della famiglia o anche a un amico stretto

Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento (per es., i primi soccorritori che raccolgono resti umani, agenti di polizia ripetutamente esposti a dettagli di abusi su minori.

Tali eventi comprendono per esempio, esposizioni a guerre sia come soldato, sia come civile, aggressione fisica reale o minacciata (attacco fisico, scippo, rapina, abuso fisico in età infantile), violenza sessuale reale o minacciata (penetrazione sessuale forzata, penetrazione sessuale facilitata da alcol/droghe, contatto sessuale abusivo, abuso sessuale senza contatto, commercio sessuale), essere rapiti, essere presi in ostaggio, attacco terroristico, tortura, incarcerazioni come prigionieri di guerra, disastri naturali o provocati dall’uomo, gravi incidenti automobilistici o mediante altri mezzi di trasporto. Sono altresì inclusi incidenti medici qualificati come eventi traumatici, lo svegliarsi durante un intervento chirurgico, lo shock anafilattico.

Occorre, tuttavia, precisare che non tutte le persone, di fronte alle terrifiche esperienze sopra citate, rispondono sistematicamente con un disturbo da stress post – traumatico. Di fatto, alcuni studi hanno dimostrato che la gravità della sintomatologia post traumatica non è direttamente proporzionale alla gravità dello stressor ma è strettamente legata alla risposta soggettiva dell’individuo al trauma. Altre ricerche hanno ben evidenziato come la comparsa e la cronicizzazione del DPTS siano determinate dall’interazione reciproca e dinamica delle caratteristiche dell’evento traumatico (durata dell’esposizione, gravità), di alcuni aspetti dell’individuo (struttura della personalità, storia personale, condizioni di salute, stile cognitivo) e di fattori ambientali (quantità e qualità dei supporti sociali, possibilità di un immediato trattamento dei sintomi più acuti) (Foy, 1992).

SINTOMATOLOGIA

I sintomi caratteristici che risultano all’esposizione ad un trauma estremo implicano il continuo rivivere l’evento traumatico. La persona affetta da DPTS ha ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell’avvenimento (immagini, pensieri, o percezioni), oppure fa sogni ricorrenti dell’evento in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati alla situazione traumatica.

Altri sintomi possono essere caratterizzati da reazioni dissociative (per es., flashback) in cui la persona sente o agisce come se l’esperienza traumatica si stesse ripresentando. Tali reazioni possono verificarsi lungo un continuum in cui l’espressione estrema è la completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante.

L’individuo affetto da DPTS, altresì, agisce o sente come se l’evento traumatico si stesse ripresentando e mostra un disagio psicologico e una reattività fisiologica intensa di fronte all’esposizione di fattori scatenanti, interni o esterni, che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatizzante. 

Distintivo, in queste persone, è l’evitamento persistente agli stimoli associati al trauma. L’individuo che presenta un disturbo post traumatico da stress compie sforzi per evitare pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma. Inoltre, è significativa la presenza di un’affettività ridotta, di sentimenti di distacco, di estraneità verso gli altri, di una marcata riduzione dell’interesse o della partecipazione ad attività significative, nonché l’incapacità di provare emozioni positive e l’inabilità di ricordare alcuni aspetti importanti dell’esperienza traumatica dovuta propriamente ad amnesia dissociativa.

Tipici, ancora, di questo quadro psicopatologico sono le marcate alterazioni dell’arousal – ossia uno stato generale di attivazione e reattività del sistema nervoso in risposta a stimoli interni, soggettivi, o esterni, ambientali e sociali – e della reattività associati all’evento traumatico iniziate o peggiorate in seguito allo stesso. L’individuo può presentare problematiche relative al sonno, ovvero, difficoltà nell’addormentamento o nel mantenimento dello stesso, un comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia, ipervigilanza, difficoltà di concentrazione, esagerate risposte di allarme. Si possono manifestare, inoltre, comportamenti di tipo spericolato o autodistruttivo facendo abuso di alcol, droghe o psicofarmaci.

Alcune persone sperimentano, altresì, persistenti sintomi dissociativi di distacco dal loro corpo – depersonalizzazione – oppure dal mondo intorno a loro – derealizzazione. 

Perché si possa diagnosticare un disturbo da stress post – traumatico il quadro sintomatologico completo deve essere presente per più di un mese e il disturbo deve causare un disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o di altre aree importanti.

SVILUPPO E DECORSO

Il DSPT si può manifestare a qualsiasi età, fin dal primo anno di vita. In genere, i sintomi insorgono nei primi tre mesi dopo il trauma, sebbene possa esservi un ritardo di mesi o anche di anni prima che siano soddisfatti i criteri per una diagnosi. La sintomatologia e la relativa predominanza dei differenti sintomi possono variare nel tempo, così come può variare anche la durata dei sintomi stessi, con un recupero completo entro tre mesi che si verifica in circa la metà degli adulti, mentre alcuni individui continuano a mostrare i sintomi per più di 12 mesi e talvolta per più di cinquant’anni. La ricorrenza e l’intensificazione della sintomatologia può verificarsi in risposta a fattori che suscitano ricordi del trauma originale, fattori stressanti della vita quotidiana o eventi traumatici vissuti recentemente.

DISTURBO E COMPROMISSIONE DELLA QUALITA’ DI VITA

Il disturbo post – traumatico da stress, così come già accennato, è una condizione psicopatologica che può determinare una marcata compromissione del funzionamento sociale che sia lavorativo o più in generale relazionale. Nello specifico, tale compromissione si osserva all’interno di ambiti interpersonali, evolutivi, scolastici, lavorativi e della salute fisica. Alcuni studi (DSM 5) evidenziano che in campioni di popolazione e di veterani, il DSPT è associato a rapporti sociali e familiari scarsi, assenteismo lavorativo, basso reddito e minore successo scolastico e professionale.

TRATTAMENTO

Alcuni degli spaventosi e spesso bizzarri sintomi subiti dalle persone traumatizzate comprendono così come precedentemente descritto, flashback, emozioni come ansia, paura, angoscia, attacchi di panico, insonnia, depressione, disturbi psicosomatici, mancanza di apertura mentale, violenti attacchi di rabbia senza apparente motivo e comportamenti distruttivi ripetitivi. Persone un tempo sane possono essere spinte sull’orlo della “pazzia” come risultato di eventi che si verificano in un periodo di tempo relativamente breve. Basta sollevare tale argomento e la maggior parte delle persone pensa ai veterani di guerra o chi ha subito gravi abusi nell’infanzia. Il trauma è diventato un luogo così comune che la maggior parte della gente non ne riconosce neppure la presenza. Può colpire chiunque. Mi permetto di dire che la maggior parte delle persone ha avuto un’esperienza traumatica ad un certo punto della sua vita, indipendentemente dal fatto che l’abbia lasciata con un caso evidente di stress post – traumatico. Dal momento che i sintomi del trauma possono rimanere nascosti anche per anni dopo un evento scatenante, alcuni che hanno subito un’esperienza traumatica non sono ancora sintomatici. Tanto le cause quanto i sintomi sono incredibilmente immensi e diversi. Oggi è inteso che il trauma è un fatto comune che può essere provocato da eventi apparentemente favorevoli. Una buona notizia è che non ci si deve convivere, almeno non per tutta una vita. Il trauma può essere guarito attraverso un trattamento il più possibile tempestivo.

La presa in carico di un paziente con un DPTS prevede nella maggior parte dei casi un trattamento integrato che associa la farmacoterapia alla psicoterapia.

La psicoterapia deve tener conto dell’alto rischio di suicidio che interessa queste persone. Gli individui affetti da DPTS descrivono, dunque, ricorrenti, dolorosi sentimenti di colpa per il fatto di essere sopravvissuti a differenza degli altri o per ciò che hanno dovuto fare per sopravvivere. Ne consegue che la persona può erroneamente credere di aver fatto qualcosa di sbagliato, che ha contribuito a produrre la disgrazia o si assume completamente la responsabilità di ciò che è accaduto. Spesso l’individuo arriva a dire o a pensare “Se avessi fatto o non avessi fatto qualcosa di diverso, tutto questo non sarebbe accaduto”. L’esito di questi pensieri irrazionali sollecita l’insorgenza di sensi di colpa, depressione, disadattamento e sfiducia nei confronti di sé. 

Gli obiettivi della psicoterapia, pertanto, dovrebbero essere graduali e altamente personalizzati nel trattamento delle persone che sperimentano un DPTS. In generale e tenendo conto delle linee guida proposte da Meichenbaum (1994) occorrerebbe aiutare la persona a ri-raccontare la propria storia, rivivendo e ricordando il trauma nel “qui e ora”, modificando il modo in cui viene narrato, al fine di arrivare all’integrazione e ad un senso di controllo del vissuto. Va fornita, altresì, la possibilità di trovare un significato agli eventi vissuti. Il fatto di rendere il paziente capace di rivivere le memorie traumatiche, tuttavia, con un grado di controllo volontario relativamente alto, offre una sensazione di dominio sui ricordi intrusivi, e la capacità di tollerare il disagio. 

La persona, nel percorso terapeutico, può essere supportata e accompagnata ad essere esposta a stimoli o segnali traumatici in modo strutturato attraverso specifiche tecniche, quali la visualizzazione guidata o, ancora, attraverso l’esposizione diretta, di sostegno e di ri – esposizione graduale agli stress.

Un lavoro importante nel trattamento terapeutico è quello deputato all’individuazione delle distorsioni cognitive e dei pensieri disfunzionali che caratterizzano questi individui, attraverso ad esempio tecniche di ristrutturazione cognitiva, il problem solving. Compito del terapeuta è, inoltre, fornire alla persona la possibilità di riacquistare l’autostima e la fiducia in se stessi, rafforzare le relazioni interpersonali in modo da sviluppare dei sostegni sociali più forti che possano sostituirsi al vissuto di solitudine. 

Ciò potrà realizzarsi quando l’individuo, attraverso un cambiamento di orientamento temporale, ovvero dal passato al presente ed al futuro, riuscirà a modificare la percezione di sé, dalla posizione di vittima a quella di sopravvissuto e a quella di persona fortificata. 

Concludendo, il lavoro terapeutico è finalizzato a spronare la persona ad attivare le proprie risorse connesse ai sistemi di credenze e sviluppare la percezione della propria capacità di ricostruire dall’esperienza negativa e giungere a porsi degli obiettivi futuri. 

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnistico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM – 5). Raffaello Cortina Editore.

Foy, D.W., Editor, (1992). Treating PTSD, Cognitive-Behavioral Strategies. New York: The Guilford Press. 

Meichenbaum, D. (1994). A clinical handbook/practical therapist manual for assessing and treating adults with post-traumatic stress disorder. Ontario, Canada: Institute Press. 

LETTURE CONSIGLIATE

Peter A. Levin (2002). Traumi e Shock Emotivi, come uscire dall’incubo di violenze, incidenti e esperienze angosciose. Macro Edizioni. 

Diane e Laurence Heller (2007). Traumi da incidenti, Manuale di Autoguarigione. Macro Edizioni.

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